L’appuntamento con lo scrittore è al wine bar Porta d’Oriente. Arriva a piedi da piazza Ferrarese, gli occhiali scuri, si guarda attorno, e si siede al mio tavolo. La musica di sottofondo è del genere wolof. “La conosci?” mi chiede Gianrico Carofiglio, “è la musica tradizionale del Senegal, ne ho parlato anche nel mio romanzo -Testimone inconsapevole-. E’ uno dei generi a me cari che fanno da colonna sonora alla nuova Bari Vecchia. Di fianco a questo bar ce n’è un altro che si chiama Il bar sotto il mare, riprende il nome di un celebre romanzo di Stefano Benni. Si chiama così proprio perché la parte bassa del locale è quasi sotto il mare. Fino a pochi anni fa oltre quel bar non riuscivi ad andare, la città vecchia era chiusa, inavvicinabile, inespugnabile da chi non viveva nei -sottani- come le chiamano le case del borgo antico”. Carofiglio è orgoglioso di accompagnarmi nella nuova città, quella che oggi “specchiandosi in se stessa si vede più pulita, pacificata, senza quella sporcizia e quell’accumulo di macchine stipate nei vicoli angusti, ritrova vigore e perché no anche spirito di accoglienza.” L’incontro con la Bari Vecchia è lungo la passeggiata di Via Venezia, sopra la muraglia che offre l’impagabile spettacolo del lungomare. Ci fermiamo per fare qualche foto al Fortino di Sant’Antonio. Camminiamo fino alla basilica di San Nicola “Il santo patrono della nostra città, venerato da milioni di Russi. Nella casa dove abitavo da piccolo, dalla mia finestra vedevo la cupola della chiesa Russa, forse la più grande d’Europa. Ancora oggi il legame tra noi e la Russia è molto forte, c’è il volo diretto Bari-Mosca. Se entri nella basilica è normale assistere al miracolo delle celebrazioni parallele: nel piano della chiesa un matrimonio mentre sotto, nella cripta, una funzione ortodossa, con il grosso pope vestito di nero, la barba incorniciata sotto un cappello scuro, e le donne rigorosamente con il fazzoletto in testa”. A pochi passi dalla basilica troviamo la Cattedrale dedicata a San Sabino, dalla quale si intravede già, vicinissimo, il Castello Svevo, prigione fino agli anni quaranta, oggi sede di importanti mostre storico-artistiche.“Il Castello l’ho citato nel romanzo -Ad occhi chiusi- a proposito di una pizzeria d’asporto nelle vicinanze, dove il protagonista andava da giovane, insieme agli amici bohémien, sconfinando nella città vecchia allora posto proibito e pericoloso. Densa di odori forti, sporca, inquietante e bella”.Oggi dal Castello Svevo imboccando Vicobarone, troviamo la più alta concentrazione di signore che tirano la sfoglia sulla strada e creano con maestria le orecchiette. Gli basta aprire la porta di casa, scostare la tenda per “aprire bottega”. Con il tagliere e i setacci la loro casa diventa laboratorio-negozio.“Uno dei luoghi magici della città vecchia è la Biblioteca per la Cultura e le Arti Santa Teresa dei Maschi. Vivi una sensazione straniante, tra antico e nuova efficienza. Mi piace salire in cima, dove c’è un terrazzo affacciato sui tetti della città, attrezzato per gli incontri letterari e gli spettacoli culturali. E’ il cuore della città vecchia, viva, una realtà alla quale anche l’intellettuale snob che criticava il recupero dell’antico quartiere si è dovuto arrendere”. Carofiglio racconta camminando spedito tra i vicoli che nascondono mille sorprese, come le tante edicole votive disseminate qua e là e tutte in buono stato di conservazione. Ne contiamo più di trenta. Ritornando verso Piazza Mercantile è tutto un susseguirsi di locali, alcuni aprono la mattina alle 9 e chiudono la mattina dopo alle sei. Lo spuntino salato per ogni ora del giorno sono i panzerotti, con pomodoro e mozzarella, mentre quello dolce è lo sporca muss’, sfoglia con crema e zucchero a velo.Uno spettacolo da vedere è, alla mattina, la battitura del polpo nel Porto Vecchio, un lavoro, un rito arcaico. I pescatori, nel momento del gesto forte e violento di battere il polpo sul molo, sembrano antichi guerrieri.Usciamo dalla città vecchia da Corso Vittorio Emanuele, fermandoci al Blanc De Noir, risto-bar progettato da Mariolina Boffoli. Gli ultimi locali di tendenza a Bari sono stati affidati a designer donna. Come Olga Testini che ha progettato il Nessundorma, spazio polifunzionale per mostre d’arte e concerti, dietro il teatro Petruzzelli ancora in fase di restauro, e Betta Capitaneo che ha creato il Kabuki, sushi bar con rimandi esotici.Di là dal Corso iniziano tante strade, parallele tra di loro, in quella che è già la città nuova. Carofiglio le ha usate quasi tutte come location nei suoi romanzi. -Il passato è una terra straniera- è il romanzo che prende il titolo da una frase trovata in un libro aperto nella storica libreria della famiglia barese Laterza di via Sparano, luogo magico per lo scrittore, e sede di frequenti presentazioni di libri. Via Sparano è la strada dello shopping, con i negozi delle più importanti firme di abbigliamento, caratteristica per le aiuole con le palme al centro della via. A metà strada all’angolo con via Putignani svetta Palazzo Mincuzzi, storico negozio di abbigliamento e tessuti del 1895, oggi di proprietà di Benetton.“A Bari puoi uscire alla sera a mezzanotte e trovi le cucine dei ristoranti ancora aperte. Mi piace andare a Il pane e le rose o al Tavli Caffè, perché sono luoghi di incontro dove parlo e bevo insieme a gente che ha a che fare con mestieri intellettuali”. Carofiglio conosce bene i locali della città, e i gestori dei locali conoscono bene i suoi gusti in fatto di cocktail, anche se molte volte è lui che suggerisce al barman le combinazioni giuste per le sue bevute. Alla sera, per bere e divertirsi la città non ha più confini, tra vecchia e nuova. “Nel quartiere San Pasquale, due sere alla settimana la comunità dei greci si trova in uno dei miei locali preferiti, Il Pellicano. Aperto da Bruno nel 1980. Servono gli hamburger per i ragazzi, ma andando nella sala attigua, divisa da una porta, si possono mangiare i piatti più raffinati della tradizione pugliese. Nel quartiere Libertà c’è un locale storico dove hanno suonato tutti i più importanti cantautori italiani, la Taverna vecchia del Maltese, dove dal 1980 tutte le serate si chiudono sempre con la stessa canzone: Closin’ Time (OL 55) di Tom Waits. Quando ho voglia di musica dal vivo, al giovedì sera, vado al Jazz Cafè Bohemien”. Carofiglio mi parla del suo amore smisurato e infinito per il lungomare di Bari, specialmente la parte verso sud “Là dove finiscono le case, i ristoranti, le insegne, e rimangono solo le luci cordiali ed enigmatiche dei lampioni di ghisa”, la frase con la quale ha chiuso il romanzo -Ragionevoli dubbi-.
Andrea Samaritani, aprile 2007
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