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PRESENTAZIONE Dopo il momento d’oro del dopoguerra e dopo l’impegno della lotta e della denuncia degli anni Sessanta e Settanta, a che punto è, oggi, il reportage? Molti i problemi strutturali, di cui spesso si parla: la crisi della stampa, il potere del mezzo televisivo, il monopolio delle agenzie e il conseguente appiattimento del linguaggio del fotogiornalismo, un diverso concetto di informazione e la progressiva spettacolarizzazione nell’uso dell’immagine, e poi l’evasione… Ma quel sociale che ieri era il primo dei soggetti fotografici, tanto da conferire alla fotografia una funzione fondamentale, quanto interessa, oggi, e fino a che punto viene ritenuto degno oggetto di analisi attraverso l’immagine fotografica? Se è vero, come è vero in fondo, che le immagini sono tentativi, da parte degli uomini, di mettersi in comunicazione con il mondo, la fotografia, a distanza di tempo, ci potrà forse dire quali aspetti del mondo gli uomini hanno cercato via via di capire, e quale idea del mondo in cui vivevano essi avessero. Se il reportage degli anni di lotta da poco passati aveva come base ideologica l’analisi di classe della realtà, la denuncia, la fiducia nella fotografia come uno dei mezzi a disposizione per intervenire sulla realtà attivamente, oggi la fotografia sociale sembra assumere piuttosto il tono di una riflessione su questo mondo sull’orlo di un grande cambiamento, sui suoi destini stessi. Le immagini si sono sparse in tanti contesti, la realtà fotografica si è andata via via sempre più diversificando, ma il quadro si è in qualche modo dilatato. Le immagini restano immagini, e dunque incatenate al reale a cui si riferiscono, ma l’orizzonte, spaziale e temporale, è più lontano. Le fotografie di Andrea Samaritani sono un itinerario tra le manifestazioni pacifiste e antimilitariste tenutesi in Italia dal 1981 a oggi. Proprio questo grande tema politico e anche esistenziale ha potuto raccogliere, negli ultimi anni, molte adesioni, costituendo motivo di impegno anche per giovani non più orientati in modo diretto verso la militanza politica, atteggiamento caratterizzante i giovani più sensibili della generazione precedente. Le immagini di Samaritani, che pure si riferiscono a “fatti” precisi e ben determinati (le manifestazioni appunto), sono significativamente incentrate non sull’azione, su ciò che accade, ma sui simboli e sulla ritualità di questi eventi. Il sole, la colomba, la maschera antigas, i travestimenti, la presenza dei bambini come promessa di continuità del mondo, il peso protagonista delle scritte e l’evidenza degli slogan della pace sono i veri soggetti di queste fotografie. La gente, singoli o gruppi, gli sguardi, fiduciosi nel rito collettivo o pensosi della condizione di individualità, diventano quasi un completamento dei simboli: il equivale a dire, appunto, che queste fotografie vanno al di là del singolo fatto e luogo per diventare immagini più ampie. L’orizzonte, come si diceva, si è allontanato. Alla registrazione dell’evento nei suoi dati specifici si è sostituito uno sguardo riflessivo, forse più solitario, sui significati di una realtà i cui sviluppi, come sempre, ci riguardano molto da vicino, il cui corso ci appare, invece, spesso, dipendere da fattori e scelte molto lontane.
Roberta Valtorta
Milano, novembre 1985
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