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Le vie della Vita
un percorso di salute con l'arte
Fotografie di Andrea Samaritani
A cura di: Graziano Campanini, Ivonne Donegani, Filippo Renda
Testi di: Alessandro Bergonzoni, Giovanni Bissoni, Graziano Campanini, Ivonne Donegani, Nanni Garella, Filippo Renda, Francesco Ripa di Meana, Angelo Giovanni Rossi e Michele Smargiassi
Progetto grafico di Barbara Cuniberti, Kuni Design Strategy
Associazione Arte e Salute Onlus, Pieve di Cento (Bologna), 2009 65 fotografie a colori e b/n, 60 pagine, formato cm 27 x 27
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"Dopo avere a lungo, come tutti i giovani reporter, fatto proprio il monito celebre di Bob Capa, -Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino-, Andrea Samaritani ha cominciato a dubitarne. Fino ad abbandonarlo del tutto. Adesso si avvicina alle cose, alle persone, con lentezza. Un'attenzione che chiama, come Mario Cresci, -accostamento graduale-. Per la verità lo ha sempre fatto. Oltre vent'anni fa fece un libro, era solo il secondo di ormai duecento, assieme a due psicologi, Andrea Canevaro e Eustachio Loperfido, nel centro diurno per handicappati dell'Usl 27 di Bologna. Erano già quelle, fotografie senza irruzione. Va detto che l'emarginazione, la segregazione, a volte hanno bisogno di irruenza: erano state irruenti e dure le fotografie basagliane di D'Alessandro, Cerati, Berengo Gardin, perché dovevano rompere un muro. Ma Samaritani venne dopo che il muro era rotto, e si trattava di costruire stanze accoglienti. Edilizie e mentali. S'è ricordato di quelle immagini in bianco e nero quando ha accettato di collaborare a questo libro, che è la documentazione di un'esperienza teatrale molto intesa di racconto e rappresentazione della malattia. Nel frattempo sono passati vent'anni, e Andrea ha maturato un'idea personale sulla fotografia del mondo: che si tratta sempre di una fotografia di scena. Anche se lui, pur avendone fatta, non ama molto la fotografia di teatro, con la -quarta parete- invisibile ma non oltrepassabile. Ama il teatro come questo, che si può attraversare, che si confonde col teatro del mondo che abitiamo ogni giorno. La scelta delle armi espressive, dell'ordine del racconto, è venuta da sé. Avvicinamento graduale. (...) Il fotografo s'avvicina: piano. S'inginocchia, lo intuiamo dalla prospettiva. S'avvicina ancora, piano. Adesso va sui volti: li esplora. Sono immagini, ancora di materia fredda: e Andrea, che il Compianto l'ha studiato a fondo, cerca in loro altre immagini, le pose che conosce, che ha già visto nella creta dell'artista. (...) Non è stato un reportage, è stato un discorso per immagini e tra immagini. Un gioco di matrioske: persone in carne ed ossa dentro attori, attori dentro statue, statue dentro fotografie, e ritorno: le fotografie rompono le statue, liberano l'attore che svela la persona. Un labirinto. Non si dice forse -il labirinto della mente-? Non è di questo che si occupa la psichiatria? Samaritani immagina, cioè dà immagini a quel labirinto, come i miniaturisti illuminavano i codici sacri. Lo fa senza mostrarci matti con la testa fra le mani. Lo fa da fotografo immaginista, e illuminista". Michele Smargiassi dall'intervento "La creta s'è fatta carne" pubblicato a pagg. 22-23.
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