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FERRARA. L'ULTIMO NOVECENTO
Fotografie di Andrea Samaritani
Testi di Paolo Boldrini, Alberto Faustini, Valentino Pesci, Enrico Pirondini, Andrea Samaritani, Stefano Scansani
Grafica e impaginazione di Paolo Tassoni
Minerva Edizioni, Bologna, 2014 153 fotografie in b/n, 96 pagine, formato cm 22 x 29 ISBN 978-88-7381-577-8
Il volume è pubblicato in occasione dei 25 anni del quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. Piazza duomo a Ferrara, pagg. 8-9 |
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. Figuranti del Palio di Ferrara, pagg. 18-19
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni, pagg. 36-37
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. Michelangelo Antonioni, pagg. 56-57
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. Lavorazione del maiale, pagg. 72-73
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. Remo Brindisi e Valeria Marini, pagg. 74-75
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Silenzio parlano le immagini di Andrea Samaritani
(Introduzione a pagina 7)
Il diavolo è sbarcato in laguna, La grande ritirata, Le alghe infiammano i sette lidi, La grande fuga dalla spiaggia. Titoli pesanti come il piombo, come si dice nel gergo giornalistico. Era l'estate del 1989, i bagnanti sulle spiagge di Comacchio, guardavano con un misto di curiosità e apprensione il proliferare inatteso delle alghe che impedivano la balneazione. Un fenomeno imprevisto, che però, per fortuna, non si è più ripetuto. Poi era cresciuta la polemica sullo spettacolo dedicato a Dioniso, sul quale da fronti opposte si battagliava in nome della morale e della libertà culturale. Erano queste le parole che incorniciavano le mie fotografie di allora. O erano le mie foto che incorniciavano le parole scritte sul giornale di allora? Silenzio parlano le immagini, un bel titolo che mi regalò allora Daniele Predieri, redattore della Nuova Ferrara, che mette al centro le foto, che invita ad ascoltare le immagini. Fotografie in bianco e nero, essenziali, sintesi cromatica della realtà. Scattate e sviluppate con la presunzione sfacciata di trasformare l'assenza del colore in calore. Di collocarle in un momento imprecisato del tempo. Negli anni novanta con mille lire ti compravi la cronaca del giorno prima, con tanti articoli e tante foto. Ricordo con nostalgia la preziosa pagina sull'arte curata da Luce Tomasi, che presentava ogni sabato un autore ferrarese o una mostra in corso, insieme all'infaticabile Everardo dalla Noce che spulciava settimanalmente le aste internazionali per informarci sulle opere d'arte ferrarese che venivano proposte al mondo. Ho avuto la fortuna di firmare le prime foto apparse sul quotidiano in quegli anni. Ho avuto il privilegio di essere uno dei creatori dell'importante archivio fotografico dal quale sono state scelte le centocinquanta immagini, selezionate tra i trentamila negativi che ho impressionato tra il 1989 e il 1992, che vedete in questo libro. Questa è la "mia" Ferrara, parziale e soggettiva. E' inevitabile. Le immagini che scorrono sono appunti visivi, ricordi di incontri, testimonianze dimenticate che finalmente riaffiorano. Un bel modo di far luce sui nostri recenti anni, su quel magnifico ultimo scampolo di novecento. Nelle foto ci sono quasi sempre le persone, e sono tante. Se facessimo il conto dei "Tag" dei volti, le persone ritratte probabilmente risulterebbero più di un migliaio. Mille volti per raccontare gli anni novanta a Ferrara e provincia. Un unico grande territorio. Fotografie scattate per il giornale quotidiano, ma che avevano già l'ambizione di essere concepite e composte come tasselli futuri per una storia in divenire. Nel mio lavoro ho sempre tenuto ben presente gli insegnamenti dei miei primi maestri che sono stati Renato Sitti e Roberto Roda del Centro Etnografico del Comune di Ferrara, insieme a Marco Caselli e Luca Gavagna, che poco più che ventenne mi avevano invitato a pensare alla produzione delle mie immagini non solo come foto di cronaca da consumare e buttare, ma se possibile già come icone, se si poteva dense di significati, nell'ambito di un racconto visivo, con un respiro più ampio, fino alla definizione, che allora andava molto in voga, di "etno-antropologia visuale". Silenzio signori, si va in scena. Parlano le immagini.
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. copertina aperta con risguardi |
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. prova di copertina non selezionata
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. pagina pubblicitaria sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento
di Andrea Samaritani
(pubblicato su La Nuova Ferrara del 29 marzo 2014)
Venticinque anni per fare un libro? In effetti sono un po' tanti! Eppure è così, ci sono voluti tanti anni per aspettare che le foto pubblicate nel volume Ferrara. L'ultimo novecento, scattate negli anni novanta potessero diventare Storia, potessero invecchiare come il vino buono. Venticinque anni, la giusta distanza per riguardarsi, ricordare, vedere con gli occhi della maturità come eravamo. Riscoprire il recente passato che ci ha traghettato nel terzo millennio. L'ultimo novecento non è stato un decennio qualsiasi per Ferrara. Nel campo del turismo, ad esempio, siamo passati da una dimensione provinciale a quella nazionale nel circuito delle Città d'Arte, delle fiere a carattere nazionale, degli educational e workshop a livello internazionale. L'Unesco ci ha riconosciuti e premiati per la capacità di mantenere forte la vocazione rinascimentale, per il nostro Delta del Po che in quegli anni ha cominciato ad avere una identità precisa e strutturata, per le innumerevoli Delizie estensi. La città e il suo territorio negli anni novanta si sono rimessi a nuovo, tante frizzanti e dinamiche nuove realtà economiche, sociali, e culturali hanno ridato fiato al vivere quotidiano, alla qualità della vita, rappresentata dalle televisioni e sui giornali. Ecco perché ho proposto al direttore della Nuova Ferrara Stefano Scansani l'idea di fare un libro fotografico che fissasse per sempre quei passaggi fondamentali avvenuti negli anni novanta a Ferrara. Gli stessi anni in cui, nel 1989, sbarcava nella città estense un nuovo quotidiano, La Nuova Ferrara, scombinando non poco gli equilibri e le consuetudini dei lettori ferraresi. In quegli anni ero un giovane fotografo con la voglia di fare il reporter. Non potevo trovare migliore occasione per misurarmi, da subito, a 27 anni, con la vita di redazione, con la cronaca, con i grandi avvenimenti di Ferrara e il suo territorio. Sono stati anni elettrizzanti, in giro per la provincia a documentare quella che scoprivo essere passo-passo la mia terra. Perché andare in giro a fotografare significa necessariamente conoscere a fondo il tuo territorio, ascoltare storie, racconti, aneddoti. Sul campo ritrovi la tua identità, in un continuo confronto con altre realtà apparentemente vicine ma tante volte profondamente diverse e lontane, negli usi, nei costumi, nella parlata, negli atteggiamenti e a volte anche nei valori. Per fare delle belle fotografie era necessario, come lo è del resto ancora oggi, sapere, conoscere e entrare in empatia con i soggetti che vai a cercare. Ogni luogo, città o borgo ha la sua storia. L'atteggiamento del fotografo deve essere necessariamente quello dell'antropologo, discreto, attento, sensibile, a volte quasi timido. I giudizi se li deve tenere dentro, la distanza con i soggetti si deve dissolvere, se non si è capaci di avvicinarsi nel modo giusto alle persone allora è meglio cambiare mestiere. Ho provato sulla mia pelle, in quegli anni, la pietà per le persone in corteo dietro una bara durante un funerale nella nebbia. Sono salito sulle barche dei pescatori di vongole di Goro in mattine così fredde e umide che la macchina fotografica faceva fatica a scattare e i miei pensieri erano fradici d'acqua come quella nella quale eravamo immersi. Ho aspettato paziente il momento tra i vari ciak di set di film blindatissimi, che mi sono stati svelati solo perché ero un giovane fotoreporter che incuteva tenerezza. Tante volte ho girato a vuoto per cercare delle immagini che avevo in testa ma che poi non si sono materializzate e me ne sono tornato in redazione con la coda tra le gambe, mogio e sconsolato, convinto che non sarei mai stato un grande fotoreporter. E infatti non lo sono diventato. Però meglio così. Oggi a cinquant'anni suonati, sono più contento di conoscere a fondo la mia terra, e quindi mostrare foto "nostrane" piuttosto che aspettare l'applauso alla fine di una proiezione di foto "esotiche" che, secondo me, lasciano il tempo che trovano. Oggi preferisco tornare ossessivamente e meglio sui miei passi, riscoprire quello da cui ero partito negli anni ottanta, ad esempio illuminando quelle tantissime zone d'ombra che ci sono nell'infinita e seminascosta rete di artisti che dal novecento ad oggi hanno modellato l'argilla e mescolato colori per raccontare Ferrara. O che con i piedi ben piantati a Ferrara hanno raccontato il mondo. O gli artisti che dal mondo sono arrivati a Ferrara per raccontare Ferrara. O il mondo? Insomma le combinazioni sono tante e si intrecciano continuamente, l'importante per me oggi è cercare di capirne i linguaggi, i codici, a volte misteriosi a volte palesi. Scoperchiando le stanze dove vivono o vivevano gli artisti ferraresi cerco la trama della nostra storia recente, con le immagini ma anche con le parole. Ferrara. L'ultimo Novecento, segna l'inizio di questa ricerca decennale, negli anni novanta, mostra le facce di chi ha ricominciato a rendere bella e conosciuta Ferrara. In quegli anni ho cominciato a frequentare il museo privato più importante del nostro territorio: la Fondazione Cavallini-Sgarbi a Ro Ferrarese, dove ho visto con i miei occhi crescere giorno per giorno la collezione di Vittorio Sgarbi, con una passione, una morbosità e una voracità artistica che non avevo mai visto. L'ho ritratto giovane nella sua scrivania, unico posto libero non occupato da opere, ho volutamente messo in evidenza una scultura raffigurante un teschio, per ancorarmi da subito a un tema universale, esistenziale. Quel teschio spostato in quella posizione è la mia firma in quella foto. Il mio primo approccio a Ferrara è stato a quindici anni, quando sono andato da Cento con il motorino Ciao fino in una libreria vicina al castello Estense a comprare dei libri sulla Metafisica. Era il 1977, Bologna era in subbuglio. Ferrara stava a guardare, con quello sguardo attento ma fuori dal tempo, in uno spazio appunto metafisico, così ben descritto da De Chirico, Savinio, Carrà, De Pisis e altri. Ecco perché ancora oggi sono legato alla foto del Grande Metafisico di De Chirico, oggi collocata nella rotatoria di Corso Porta Mare, attorno alla quale il mondo ruota attorno, come attorno ci ruotavano i due personaggi nella mia foto degli anni novanta. La copertina del libro ha le ombre lunghe dechirichiane dei soggetti che camminano lenti in piazza duomo, come la signora avvolta nella sua pelliccia alla delizia di Belriguardo ha un ombra lunga, come fosse disegnata da De Chirico. Vedo della metafisica, ma forse esagero, anche nei figuranti del palio nella sala degli stemmi del Castello: sguardi interrogativi, sospesi. Il castello è presente in un'altra delle foto che più mi piace del libro, quella dove in primo piano c'è il cratere del cantiere per la posa dei tubi dell'impianto di geotermia. La città è sventrata, nel suo cuore a due passi dal castello. Poi mi piace riguardare all'infinito l'inverno nella Certosa monumentale, con la vista verso San Cristoforo che si perde nella nebbia, e per contrasto gli ombrelloni poveri piantati nella spiaggia libera dei lidi di Comacchio, che evocano un tempo passato, delle prime villeggiature al mare con quel poco che si aveva, in povertà ma in compagnia. Il libro propone dei contrasti, voluti e cercati, per capire meglio, nella dialettica degli sguardi e delle scelte esistenziali, la ricchezza della nostra bella e metafisica Ferrara.
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara online
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Ferrara. L'ultimo Novecento, di Andrea Samaritani, Minerva edizioni. recensione sul quotidiano La Nuova Ferrara
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Presentazione del libro nella sala degli stemmi del Castello di Ferrara, il 4 aprile 2014, da La Nuova Ferrara del 5 aprile 2014 |
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