|
|
|
Un viaggio per immagini sul grande fiume Po. Suggestioni visive fissate dalla fotocamera e poi successivamente rielaborate a mano da Andrea Samaritani nella tecnica delle fotodipinte. Questa operazione nasce dall'esigenza dell'autore di rileggere in maniera originale la rappresentazione fotografica di ciò che lo circonda e con l'aiuto della pittura, in una sorta di dichiarazione affettiva, regala sembianze sorprendenti per il fascino compositivo, generando percezioni astratte della realtà, dai contorni incerti nei quali l'immagine si svapora. Davanti ai nostri occhi forme e figure vengono trasfigurate, ombre che si muovono nello spazio, come particolari duplicazioni spetrali o anche reali, impronte della memoria, in un certo senso così preservate dall'oblio... Gianpaolo Gasparetto (presentazione della mostra Fotodipingere un Po a Ca' Cornera di Porto Viro, Rovigo, 2015)
|
|
|
|
|
Fotografato ad ottobre il d'apres michelangiolesco nei depositi del Civico Museo di Palazzo Bonacossi a Ferrara, il centese Andrea Samaritani ne ha quindi elaborato varie fotodipinte, tenendo a mente per lo sfondo il color blu dei decani di Schifanoia ma altresì quello di Yves Klein. Caratteristica del suo mondo espressivo ( che lo ha fatto accettare dal prestigioso Museo Alinari di Firenze quasi come "fotografo ufficiale") è infatti quello di proporre foto pittoriche, ossia colorando e reinterpretando la base a stampa: solitamente le sue immagini hanno una valenza paesaggistico-ambientale, ma Samaritani non trascura toni più impegnati socialmente, come quando ha illustrato un opuscolo su incarico della Fondazione emiliano-romagnola per le vittime dei reati. Come fotografo d'arte egli ha poi spesso documentato con somma perizia sculture sparse nel territorio regionale, dai Compianti rinascimentali in terracotta ai Monumenti ai Caduti della prima guerra mondiale (di Mario Sarto ed altri autori novecentisti). L'immagine del suo Mosè è una inquadratura da un inedito punto di vista, come fosse un "dietro le quinte": essa scardina e trasfigura l'icona michelangiolesca dalla classica visione frontale, anche perché a S. Pietro in Vincoli un angolo di visuale così arretrato risulta quasi impossibile. Nella ripresa di spalle (e di tre quarti) della statuetta ferrarese, che però mantiene il profilo del volto assai leggibile, si perde del tutto il gioco delle mani sulla barba e sulle tavole dei Comandamenti: con buona pace di Sigmund Freud e di quanto da lui teorizzato un secolo fa nel famoso saggio. Lucio Scardino (Mosè ferrarese, Liberty House, Ferrara, 2014)
|
|
|
|
|
Fotogiornalista dal 1985, Andrea Samaritani, è autore di più di 50 libri fotografici su tematiche quali arte, artisti, complessi monumentali, gruppi scultorei, architettura. Insieme a Paolo Righi ha fondato a Bologna l'agenzia fotogiornalistica Meridiana Immagini. Con i suoi obiettivi è andato alla ricerca delle sorprendenti testimonianze romane di Rimini. Susanna Scafuri (Bell'Italia, giugno 2014) |
|
|
|
|
L'Emilia-Romagna, dice Samaritani, può essere benissimo tutta inclusa nel Ferrarese. Il resto è una gita fuori porta. Di gite fuori porta però Andrea Samaritani, ne ha compiute tante. (...) Le immagini di Andrea Samaritani rappresentano davvero un'altra Italia. Paola Gabrielli (Il Corriere della Sera edizione di Bologna del 19 agosto 2014)
|
|
|
|
|
Queste opere sono raccontate con cura e passione nel libro e nel film Il pianto della statua (Bompiani), di Giovanni Reale, Elisabetta Sgarbi e Andrea Samaritani, che è l'autore delle bellissime fotografie. Carlo Vulpio (La lettura, inserto del Corriere della Sera del 29 giugno 2014)
|
|
|
|
|
Allora questo è un libro per capire meglio, un manuale per deframmentare la città e la sua pianura: le facce, i muri, anche la nebbia e le ombre, sudore e alito di Ferrara e del suo territorio. Tutto è garantito dall'occhio di Andrea Samaritani e dal nostro giornale che con i suoi venticinque anni è il diario della vita quotidiana della comunità, dei suoi gesti, del suo patrimonio (anche atmosferico). Se la Nuova e il suo fotografo sono riusciti a produrre un tale documento con un titolo identitario e filmico, quasi da epopea, vuol dire che essi sono testimoni di una porzione di storia. Stefano Scansani (dalla presentazione del libro Ferrara l'ultimo novecento, 2014)
|
|
|
|
|
Protagonista di quelle immagini e dell'attuale rassegna è Andrea Samaritani, centese, maestro della fotografia, autore di reportage di successo e di mostre in molte parti d'Italia e d'Europa. Alberto Lazzarini (Il Resto del Carlino, 17 agosto 2011) |
|
|
|
|
Il Centese Andrea Samaritani mette la fotografia al giusto livello dell'arte. Gianni Cerioli (sulla partecipazione al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, da Il Resto del Carlino, 31 luglio 2011) |
|
|
|
|
"Devo ringraziare in modo particolare il fotografo Andrea Samaritani, che ha saputo realizzare in modo pressochè perfetto ciò che gli avevo richiesto. Di alcuni particolari, per cercare di ottenere l'effetto desiderato, ha addirittura riprodotto una serie di ripetizioni ben differenziate, fra le quali ho potuto scegliere il meglio". Giovanni Reale (dalla prefazione del volume L'Ultima Salita, La via Crucis di Cerveno, Bompiani editore, 2010) |
|
|
|
|
Al nostro eclettico artista-fotografo Andrea Samaritani, che a mio giudizio è un ciclone di creatività, non era più sufficiente fotografare e basta; egli ha sentito forte il richiamo di dare spazio alla sua fantasia creativa utilizzando il suo stesso materiale fotografico. Egli è consapevole che l'arte è anche stratificazione di tecniche e di invenzioni dove tutto ciò che vedi è uno stimolo. Inizia così un percorso artistico denominato Fotopittura che è un nuovo mezzo d'espressione artistica come esigenza evolutiva della fotografia. Le fotografie vengono dipinte e reinterpretate con l'utilizzo dei colori acrilici. Migliaia di fotografie su cui interviene manualmente, creando immagini straordinarie e che non cercano l'aureola dell'arte ma si fanno metafore della vita. Oggi il mondo si è indurito e incarognito, s'è fatto cinico e indifferente, ansioso di quantità e di ricchezza senza conoscerne il senso, convinti di potersi estendere all'infinito smarrendo il limite che è la nostra stessa vita. Andrea ha percepito tutto ciò, e come un grande pittore "dipinge" una coralità di sentimenti umani, e lo spazio che costringe l'immagine pare dilatarsi perdendo i confini del tempo. Comunicano uno stato d'animo provocando un'immediata reazione emotiva: il risultato è stupefacente. Andrea è molto di più, è in grado di offrirci un'inedita lettura del mondo mediante l'occhio che guarda, poiché questo sguardo è critico, interrogativo e ricercatore. Possiamo concludere che queste stupende e folgoranti opere documentano in modo completo l'eterogenea sensibilità di questo nostro Maestro della Fotopittura. Laura Rossi (da Sport Comuni, dicembre 2010) |
|
|
|
|
Samaritani ci ha presentato una ricca galleria di immagini, solo una minima parte del suo vasto archivio fotografico, confessando che non è attratto tanto dalla tecnica, quanto dall'esperienza dell'atto fotografico in sé. Egli si confessa animato da curiosità e da spirito di avventura. E' eccitato "a vedere le fotografie" e a immaginare come le possano vedere gli occhi degli altri. Si compiace di divertirsi nel gioco infinito di vederle e rivederle scoprendo che si manifestano sempre diverse. Andrea Samaritani con le sue immagini autobiografiche è un testimone diretto e obiettivo della vita e dei personaggi che ha incontrato e conosciuto. Su questo vasto panorama di visioni domina un minimo comun denominatore, un licenza poetica potremmo chiamarla, dell'arte della riproduzione del visibile, una debolezza ammette Andrea, una mirabile debolezza aggiungiamo noi: la silhouette, l'immagine elegante e misteriosa di un corpo, resa attraverso i soli contorni, un accorgimento che lo rende incorruttibile e fuori dal tempo. Una figura silente e statica, quella del Savonarola, che ancora ci ammonisce dopo centinaia di anni stagliata contro il castello di Ferrara, corpi bui sorpresi mentre danzano in una piazza, una bicicletta che l'attraversa, uno sbandieratore avvinto al suo stendardo. La silhouette, un paradosso della fotografia (photos e graphis), la scrittura con la luce, un immagine depauperata della sua luminosità. Eppure così suadente e affascinante, difficile da ottenere, frutto di pazienza e posizioni strategiche tra obiettivo e oggetto, che solo l'esperienza sa dominare. Se le fotografie sono opere artigianali, tali definisce le proprie il nostro relatore a tal punto di ritoccarle con colori, allora bisogna convenire che a volte c'è dell'anima nella semplice attività amanuense, un'anima però sorretta dall'ingegno. Roberto Pozzoli e Elena Vultaggio (relazione dell'incontro al Rotary Club di Cento il 15 aprile 2010)
|
|
|
|
|
"Tutte le fotografie sono state eseguite da Andrea Samaritani, oltre che con grande perizia, con squisito gusto artistico" Giovanni Reale (dalla prefazione del volume Il Gran Teatro del Sacro Monte di Varallo, Bompiani editore, 2009)
|
|
|
|
|
Dopo avere a lungo, come tutti i giovani reporter, fatto proprio il monito celebre di Bob Capa, "Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino", Andrea ha cominciato a dubitarne. Fino ad abbandonarlo del tutto. Adesso si avvicina alle cose, alle persone, con lentezza. Un'attenzione che chiama, come Mario Cresci, "accostamento graduale". Per la verità lo ha sempre fatto. Oltre vent'anni fa fece un libro, era solo il secondo di ormai duecento, assieme a due psicologi, Andrea Canevaro e Eustachio Loperfido, nel centro diurno per handicappati dell'Usl 27 di Bologna. Erano già quelle, fotografie senza irruzione. Va detto che l'emarginazione, la segregazione, a volte hanno bisogno di irruenza: erano state irruenti e dure le fotografie basagliane di D'Alessandro, Cerati, Berengo Gardin, perché dovevano rompere un muro. Ma Samaritani venne dopo che il muro era rotto, e si trattava di costruire stanze accoglienti. Edilizie e mentali. S'è ricordato di quelle immagini in bianco e nero quando ha accettato di collaborare a questo libro, che è la documentazione di un'esperienza teatrale molto intesa di racconto e rappresentazione della malattia. Nel frattempo sono passati vent'anni, e Andrea ha maturato un'idea personale sulla fotografia del mondo: che si tratta sempre di una fotografia di scena. Anche se lui, pur avendone fatta, non ama molto la fotografia di teatro, con la "quarta parete" invisibile ma non oltrepassabile. Ama il teatro come questo, che si può attraversare, che si confonde col teatro del mondo che abitiamo ogni giorno. La scelta delle armi espressive, dell'ordine del racconto, è venuta da sé. Avvicinamento graduale. (...) Il fotografo s'avvicina: piano. S'inginocchia, lo intuiamo dalla prospettiva. S'avvicina ancora, piano. Adesso va sui volti: li esplora. Sono immagini, ancora di materia fredda: e Andrea, che il Compianto l'ha studiato a fondo, cerca in loro altre immagini, le pose che conosce, che ha già visto nella creta dell'artista. (...) Non è stato un reportage, è stato un discorso per immagini e tra immagini. Un gioco di matrioske: persone in carne ed ossa dentro attori, attori dentro statue, statue dentro fotografie, e ritorno: le fotografie rompono le statue, liberano l'attore che svela la persona. Un labirinto. Non si dice forse "il labirinto della mente"? Non è di questo che si occupa la psichiatria? Samaritani immagina, cioè dà immagini a quel labirinto, come i miniaturisti illuminavano i codici sacri. Lo fa senza mostrarci matti con la testa fra le mani. Lo fa da fotografo immaginista, e illuminista. Michele Smargiassi (dal libro Le vie della Vita, Azienda Usl Bologna, 2009)
|
|
|
|
|
Un paesaggio difficile da raccontare con le parole. Le fotografie di Andrea Samaritani ci riportano a delle emozioni e a delle suggestioni più immediate delle parole. La copertina del libro si avvicina al surreale. Eraldo Baldini (dalla presentazione del libro Comacchio, maggio 2008) |
|
|
|
|
Casualmente ho conosciuto Andrea Samaritani. E' un fotografo fantastico. Non solo un professionista, un artista. Dipinge le sue foto e con il pennello riesce a dargli delle atmosfere molto personali. Quando le ho viste ho capito che si sposavano perfettamente con i suoni delle mie canzoni e le parole dei racconti di Gianluca Morozzi. John Strada (Dalla periferia dell'anima, cd musicale, aprile 2008) |
|
|
|
|
Sagome abbagliate, profili che ritagliano confini di figure come mappe di mondi solitari, la materia che si dissolve in buio, mentre le distanze perdono misura e le proporzioni si confondono: l'ambigua verità della fotografia in controluce.Il vecchio trucco, che ancora riesce a tessere il suo inganno tra occhio e cervello, tra memoria evocata e ipotesi di identificazione, trasformando il mondo in un immobile teatro d'ombre. Il richiamo dell'altra metà del pensiero, quella che riconosce solo il lato in oscuro delle cose, e proprio lì trova un nuovo sguardo per metterle in luce.Credo che ogni fotografo conosca bene il potere destabilizzante di questa luce rovesciata, il semplice paradosso grazie al quale ogni inquadratura, sottratta all'evidenza del quotidiano, ci sposta in un punto di osservazione inconsueto, da dove anche ciò che ci è più famigliare appare vagamente straniero, sfidandoci a cercare nuove possibilità di decifrazione. Lo conosce, naturalmente, anche Samaritani, che talvolta ci gioca, ma mai in maniera banale, tanto per stupire; lo padroneggia e lo usa, con precisione calibrata, per rivelare il trucco stesso che sta dietro il visibile, quando si sospende per un attimo il fluire degli eventi e saltano agli occhi verità disarmanti. Valeria Tassinari (Il Centone, aprile 2008)
|
|
|
|
|
Accanto allo scritto, gli scatti di Andrea Samaritani. Una scelta fotografica volutamente orientata a mostrare le ricchezze, le potenzialità, la storia - quella storia che è storia da sempre, quella fissità che troverà sempre motivo d'esistere - del territorio. Immagini che mostrano Comacchio oggi, una sorta di contraltare visivo a quello che gli scrittori affermano, quasi a dire 'visto come è tutto cambiato?'. Alessandra Felletti (Anecdota, dicembre 2007)
|
|
|
|
|
Fuori dai consueti percorsi turistici, Samaritani ha catturato gli aspetti meno conosciuti e famosi, le ombre dei ponti del centro, le suggestive vedute nebbiose degli inverni rigidi sul Delta del Po, un paesaggio spesso solitario e deserto. Una delle più suggestive immagini, ad esempio, è quella che ritrae il loggiato dei Cappuccini, i cui contorni svaporano nella foschia invernale. Brunella Torresin ("Sguardi su Comacchio come mai l'avete vista", La Repubblica, 20 dicembre 2007)
|
|
|
|
|
Un libro d'aria e d'acqua fatto più di colori che di soggetti umani. Comacchio è dipinta così nel libro del fotografo Andrea Samaritani. "Un infinito di specchi che prendono la luce" come diceva Ungaretti. Le sue istantanee non si caratterizzano per uno stile unico, ma per un'alternanza di stili, di colori e scontorni, che vanno dalla silhouettes al campo lungo. L'acqua scura dell'Adriatico che fa avanzare un peschereccio nella nebbia è la stessa acqua che fa rispecchiare di notte il settecentesco Ospedale degli Infermi. Andrea Rinaldi ("Comacchio terra di acqua e luce negli scatti di Andrea Samaritani", Il Corriere della Sera, 18 dicembre 2007)
|
|
|
|
|
Attraverso le immagini di Samaritani, emerge la storia del borgo immerso nella valle del Delta del Po. Sono immagini silenziose che ritraggono prevalentemente i luoghi della città e ne rievocano le suggestioni. Mariangela Latella ("Scatti nel silenzio per raccontare una città sull'acqua". Il Resto del Carlino, 18 dicembre 2007)
|
|
|
|
|
Diapositive, digitale, carta con colori acrilici: sono Le foto dipinte di Andrea Samaritani. La terza vita dell'immagine, ovvero come dice l'autore "le mie foto in costume di scena". Soggetti: paesaggi, personaggi, itinerari culturali. Anna Maria Speroni (Io Donna, magazine del Corriere della Sera, 13 ottobre 2007)
|
|
|
|
|
Le fotodipinte di Andrea Samaritani, la terza vita dell'immagine
Andrea Samaritani: tra fotografia e pittura
E pensare che, parecchio tempo fa, molti andavano sostenendo che la fotografia avrebbe significato la fine della pittura. Invece questo non si è verificato né si verificherà, tantomeno oggi che le mostre d'arte sono composte, oltre che da quadri e da dipinti, da fotografie, da installazioni di materiali i più disparati, da fogli computerizzati, da un misto di tecnologia informatica, di fotografia, di design, di moda, di filmati e dai loro materiali derivati. Tuttavia molte volte, in questi lavori, manca la poesia. Essa è talmente tanto bistrattata sia nella scuola che nei mass-media, che in generale nella società, da produrre l'effetto paradossale per il quale un instant-book di un qualsiasi sciamannato vende centinaia di migliaia di copie, e i best-seller di poesia, quando va bene vendono tremila copie. C'è un significato in tutto questo? Sicuramente sì. Ma lo lasciamo affrontare al lettore in altra sede. A noi interessa raccontare ora com'è il nostro artista. Andrea Samaritani è oramai un grande della fotografia nazionale; autore di numerosi volumi: alcuni d'arte, altri che compongono un vero e proprio ritratto sociologico della nostra società attraverso gli scatti delle sue numerose macchine fotografiche. In questo gruppo di lavori con temi assai diversi, e che presenta oggi in più luoghi, egli si mostra ben capace di riempirli di poesia. La base del lavoro è sempre la sua fotografia. Il ritratto sociologico-antropologico-culturale della società in cui anche egli vive, rimane negli occhi dei visitatori di queste mostre, perché coglie sul vivo, e ci mostra come spesso siamo in realtà: nei festival del fitness, nel finto horror-fetish, nelle spiaggie più turistiche, nelle mostre d'arte, nelle balere e discoteche, nei diversi tipi di carnevali, nelle rievocazioni storiche. È una rappresentazione artistica "dal vivo" della società, modello culturale estremo che oggi appare vincente e che insieme abbiamo definito, tempo fa, del carnevale perenne. Una società, quella che lui fotografa, talmente stressata dai suoi stessi comportamenti, talmente vuota di sentimenti, priva di un qualsiasi centro di gravità su cui ruotare o in cui riconoscersi, che è oramai in una fase di disfacimento irreversibile. Invece, per le vie misteriose del cuore e del cervello, attraverso i ritocchi pittorici che lui fa sulle sue fotografie, utilizzando una serie di pennellate a volte crude e sgocciolanti o attraverso la definizione di alcuni particolari (ad esempio i capelli, un fiore sull'abito, una maglietta, una scritta) fa rimanere impresso sì il senso del disfacimento sociale, ma contemporaneamente sa esprimere un sentimento d'affetto, quasi già di ricordo nostalgico per questo mondo che, dopo averlo visto e fotografato, Andrea dà già per scontato, conchiuso, visto già con gli occhi della nostalgia. Naturalmente non tutte le fotografie rielaborate hanno questi sentimenti, alcune sono solo giocose, altre, quelle che si riferiscono al mondo dell'arte, mantengono un'aura di rispetto, di devozione per l'artista ritratto e magari pure per il pubblico che sta osservando le opere d'arte e che viene fotografato in quel momento. Credo sarebbe giusto che qualcuno si prendesse la briga di approfondire meglio i vari temi che Samaritani affronta e che espone per la prima volta a Pieve di Cento in questa forma artistica. Egli non è il primo né il solo a lavorare con altre tecniche sulle fotografie che lui stesso fa; basterebbe ricordare il lavoro pluridecennale che Nino Migliori, altro genius della fotografia nazionale, maestro riconosciuto, è andato sviluppando in questi anni. Tuttavia, credo che il pubblico non potrà che rimanere contento e stupito nel vedere, nelle varie sedi, esposti questi ultimi lavori del nostro artista, che coniugano la fotografia con la pittura. Questo non vuol dire che Andrea smetterà di fare fotografie, o di pubblicare libri fotografici; questo non vuol dire che smetterà di indagare la realtà, con le decine e decine di migliaia di foto che ha fatto e che farà in futuro, o smetterà di fare il ritratto crudo e vero, ma pieno di pietas, della nostra società. Possiamo però dire che, continuando a frequentare e fotografando pittori, scultori e artisti, variamente impegnati nella creazione e produzione artistica, crescerà ancora in lui il desiderio di aggiungere altre forme d'arte alla sua prima; questa forse, la molla che ha fatto scattare la voglia di aggiungere arte ad arte. Operazione che pare proprio essergli riuscita.
Graziano Campanini
settembre 2007
|
|
|
|
|
Le immagini fotografiche di Andrea Samaritani ci restituiscono la bellezza di una città che suscita il languore del ricordo, seppur con le inevitabili storture di una modernità che si è sovrapposta alla miseria. I paesaggi liquidi fiammeggianti al rosso vespertino, le lattee nebbie invernali, l'assordante strepitio dei pulli di fenicottero nell'immota, silente, metafisica "presenza" delle Valli. Lucia Felletti (dal libro Comacchio, 2007)
|
|
|
|
|
Dominano le acque e il cielo, un "infinito di specchi che prendono la luce", evocato da Ungaretti. (...) L'obiettivo di Andrea Samaritani non guarda solo al passato, ma anche ad una attualità di lavoro, tempo libero, divertimento, rapporto con la natura. Tuttavia si respira un senso atemporale, come se le stesse immagini che vediamo noi oggi siano le stesse che poteva vedere l'uomo del delta di ogni tempo. Laura Ruffoni (dal libro Comacchio, 2007)
|
|
|
|
|
Ne I colori della festa, Andrea Samaritani mette lucidamente a fuoco vari aspetti ludici del terzo millennio, a grandi linee oscillanti fra tradizione (sacra e profana), immaginario (non solo medievale), esperienze di teatro di (o in) strada, modi esecutivi della festa-appuntamento politico e del revival sociale. Pronto a cogliere ogni sfumatura tra ristagno, remake e nuove esperienze culturali, l'artista indaga in luoghi e spazi di una "bassa" (con un sole di sempre minore "guareschiana" memoria...) attraverso una "cronaca" tanto atemporale quanto precisa, puntando non sul particulare o sull'estroso (ai quali invece optò per una mostra toscana sul Carnevale permanente, curata anni fa da Roberto Roda e dallo scrivente), ma su una "varietà" di iniziative che scaturiscono dalle esigenze-committenze più diversificate. Interessanti, inoltre, alcune simbologie ivi bene evidenziate, non ultima quella che potremmo definire un "monumento al monumento" alla mondina! Gian Paolo Borghi (dal catalogo Artisti e Territorio 2007)
|
|
|
|
|
Samaritani si è mosso nel corso degli anni alla ricerca delle particolarità, assecondando la propria indole che ricrea il mondo "impossessandosi" del soggetto fotografato, uno scatto dopo l'altro, alla ricerca dell'atto significativo, a catturare un gesto, un'azione, un'espressione che riassumano la complessità della realtà che si presenta davanti. La festa per Samaritani è un sistema ridotto ove le cose separate sono percepite come un tutto che interagisce come l'esperienza quotidiana, elementi costitutivi della comunità, chiave di accesso privilegiato alla conoscenza e all'esperienza. Osservatorio privilegiato per indicare forme di convivenza e di interazione sociale, modi possibili, inaspettati, inadempiuti. Giuseppe Pazzaglia (dal catalogo Artisti e Territorio 2007)
|
|
|
|
|
Sculture d'artista in foto d'autore. Attorno al Compianto, che dal 1463 ad oggi ha affascinato e commosso milioni di pellegrini, il noto fotografo Andrea Samaritani ha realizzato suggestive immagini, divenute punto di riferimento di una mostra di grande richiamo, non solo per il soggetto ma anche per l'interpretazione dell'autore. (La Gazzetta di Parma, 24 marzo 2006)
|
|
|
|
|
Bello questo dialogo di Samaritani che avvicina la testa della Maria più dolente di tutte alla quiete della morte di questo umanissimo Cristo. L'espressività, meravigliosa, del volto del Cristo morto, Samaritani la inquadra nella giusta prospettiva del Mantegna. Vittorio Sgarbi (intervento registrato durante la presentazione della mostra fotografica dedicata al Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell'Arca, a Collecchio il 26 marzo 2006)
|
|
|
|
|
È stata istruttiva la notte di Brescia. Interrotta da poche ore di sonno perché a Collecchio, un bravo assessore, Maristella Galli, combattendo anche contro l'ora legale, aveva organizzato un incontro sul Compianto di Cristo di Nicolo Dell'Arca, tradotto nelle belle immagini di Andrea Samaritani, chiedendomi di commentarle. Vittorio Sgarbi (il Giornale, 27 marzo 2006)
|
|
|
|
|
Scoprire il segreto di una mostra fotografica che ritrae immagini di un'opera scultorea: scatti che parlano, anzi, urlano il dolore infinito che accompagna la morte. Una potenza espressiva che dalla terracotta rimbalza sulla pellicola, grazie alla sapiente mano di Andrea Samaritani. Ieri nella splendida cornice della Pieve di San Prospero,Vittorio Sgarbi ha inaugurato la mostra fotografica del "Compianto su Cristo morto"di Niccolò dell'Arca, con una personalissima lezione di arte e passione. Prendendo spunto dalle sofisticate immagini in bianco e nero di Samaritani, il critico ha descritto il gruppo scultoreo, capace di imporre forti emozioni anche attraverso la mediazione fotografica. Patrizia Celi (L'Informazione, 27 marzo 2006)
|
|
|
|
|
Attento osservatore della realtà e dell'arte nelle loro molteplici manifestazioni, dalle più preziose ed evocative a quelle che documentano la straordinaria normalità del quotidiano, Samaritani spesso lavora cercando l'immagine, senza costruirla. Appartiene a questo percorso anche lo scatto donato alla Galleria d'Arte Contemporanea di Cento, che fa parte di un ampio reportage su un evento fieristico dominato dal tema della fisicità e rientra in una più ampia ricerca sul corpo, che l'autore porta avanti da tempo. L'immagine di questi atleti-ballerini, colta al volo in un momento di preparazione a uno spettacolo, sembra, al contrario, costruita per la capacità di sorprendere l'istante in una dimensione straniante e fortemente espressiva, grazie alla magica imprevedibilità della Fotografia. Valeria Tassinari (G.A.M di Cento, Motta Editore, 2006)
|
|
|
|
|
Grazie anche ad "artigiani" del ramo come Andrea Samaritani che, con questa mostra Appunti di cinema, ci offre un assaggio del suo lavoro. Fatto di scene e di fuori-scena, di ritratti curati e di scatti rubati, di autori e di pubblico, di cinema che si fa e che si consuma. Un lavoro che coglie piccole verità nascoste e mai banali. Paola Piacenza (Io Donna magazine del Corriere della Sera, dalla mostra Appunti di cinema, 2005)
|
|
|
|
|
Da sempre il suo lavoro lo porta a documentare gli artisti e i loro luoghi di lavoro. In questa occasione si è pensato di lasciarlo libero di interpretare le opere di Ghermandi (...) Graziano Campanini (dal libro Quinto Ghermandi, Skira, 2005)
|
|
|
|
|
"Sono anni che mi occupo di come la gente trascorre il tempo libero, e la convivialità. Appena sento parlare di sagre e di riscoperta di tradizioni nella campagna, mi sale l'adrenalina e mi viene voglia di correre con la mia macchina fotografica, a vedere che cosa si fa". Samaritani racconta così il "backstage" della foto che rappresenta il manifesto di "Aemiliana" del Comune di San Pietro in Casale (Bo). "Mi è piaciuto moltissimo lavorare con dei ragazzi, per di più tutti del posto. Ho cambiato un po' il target, visto che spesso, quando si parla di sagre e di tradizioni popolari, si finisce per fotografare esclusivamente persone anziane. Ci siamo divertiti, perché abbiamo fatto davvero un po' di scena, allestendo un vero e proprio set cinematografico in piazza, tutto recintato. Dentro la tavola apparecchiata abbiamo messo la bellissima scultura di Zamboni che rappresenta le mondine in bicicletta. Il set dava un po' l'idea di un "nuovo cinema paradiso", il film sulla piazza del paese, molto suggestivo". Patrizia Romagnoli (intervista sul periodico L'Orologio, 2005)
|
|
|
|
|
Ut pictura poesis II comprende 25 fotografie di Andrea Samaritani che, ispirandosi al testo di Alda Merini dedicato alla cantante, immortala nei suoi scatti Angelica Battaglia. Le foto di Samaritani sono suddivise in quattro sezioni che hanno come elemento comune la quiete e la battaglia nella donna. (dal sito GoMarche, 14 ottobre 2005)
|
|
|
|
|
Le fotografie di Andrea Samaritani compiono un excursus cromatico dell'energia che si vive nei dancing. E ancora il movimento, l'intensità del rapporto fra ballerini di ogni età, le sonorità da fisarmonica, il battito delle mani che segue il ritmo, l'allegria di vivaci serate, i costumi da gara e le scuole, gli incontri e le emozioni, le attese e le note sullo spartito. Persino qualche amore può sbocciare. Tutto questo da una "semplice" canzone. Loredana De Pace (FotoCult, dicembre 2004)
|
|
|
|
|
Le fotografie sono tutte orizzontali, perchè il taglio dell'autore, Andrea Samaritani, è quello di una lunga sequenza quasi cinematografica di quadri "bassaniani", come li ha definiti il critico letterario Roberto Cotroneo nell'introduzione delle opere complete dei Meridiani della Mondadori. (La Nuova Ferrara, 21 gennaio 2004)
|
|
|
|
|
La mostra accosta alle fotografie di Andrea Samaritani, che riproducono gli incanti della parola, il testo del romanzo, cercando di facilitare il compito del lettore che può ripercorrere con l'occhio fisico e con quello dell'immaginazione il tragitto del protagonista a Codigoro e a Volano, le suggestioni e le atmosfere che i luoghi sono e sono stati in grado di generare. Micaela Rinaldi (dalla presentazione della mostra I Luoghi dell'Airone, Il paesaggio letterario di Giorgio Bassani a Codigoro, 2004) |
|
|
|
|
Nelle fotografie in catalogo la musica di Casadei è presente, attiva, dà ritmo; si possono ascoltare gli echi di un dialogo fra le note, i movimenti dei ballerini e gli scatti della macchina fotografica, si possono avvertire l'adesione al progetto e il lavoro preparatorio che Samaritani ha svolto per raccontare e documentare senza invadere la scena. Flavio Niccoli (dal libro Romagna Mia, Minerva Edizioni, 2004)
|
|
|
|
|
Davvero difficile fotografare un giardino: mutano senza posa luci e colori, il fogliame si muove e si confonde, le profondità sfuggono. Ma in quello di Parma, un lembo del Settecento francese nel cuore di una città italiana, Paolo Righi e Andrea Samaritani riescono a cogliere, dopo mille scatti nel variare delle stagioni e delle ore del giorno, l'essenza del luogo. In un estremo sforzo di sintesi, 33 tavole di grande formato ci conducono fra viali e statue, fin dentro le sale dei due palazzi storici che vi sorgono, dove la decorazione richiama sempre la natura esterna, in un continuum affascinante. E ci rivelano il dialogo silenzioso tra le sculture, eterne ospiti del giardino, e chi lo frequenta in cerca di conforto o rifugio. Carlo Mambriani (dal libro Il Giardino Ducale, Compositori, 2004) |
|
|
|
|
E' sul filo della memoria l'omaggio fotografico che Andrea Samaritani ha reso al grande maestro Federico Fellini, interpretando con il suo obiettivo la Rimini del ricordo. (...) Il fotografo si è ispirato ai ricordi personali del regista sulla Rimini della sua infanzia. I racconti del grande Federico si sono tradotti in scatti, nove sue frasi si sono trasformate in altrettante immagini, illustrando in un intenso, evocativo bianco e nero i luoghi-simbolo di Rimini. Un viaggio per immagini in una Rimini che nei film di Fellini non si è mai vista. Sandra Minute (Amarcord in bianco e nero, Bell'Italia, agosto 2003)
|
|
|
|
|
Dal campo dell'oggettività a quello di una soggettività eccezionale, le foto di Samaritani sfiorano l'indagine scientifica per deviare verso un "pathos" che trova sostanza nell'espressione dei volti e appoggio nella realizzazione dei panneggi delle vesti. (...) Immagini di chiara lettura, in cui la luce corre attraverso le pieghe delle vesti e delle espressioni, si affiancano a semplici silhouette, in cui le figure, perdendo gradualmente la propria identità, sono assunte a simbolo universale di dolore. L'occhio curioso ma al contempo ricco di prezioso rispetto del fotografo, indugia sui volti, sulle vesti sconvolte da un vento potente che sembra trarre la sua origine da una immensa deflagrazione e che si risolve in un andamento continuo ed eterno fissato sulla pellicola. Michele Govoni (Art&Job Magazine, 15 maggio 2002)
|
|
|
|
|
L'obiettivo fotografico si insinua invece là ove noi non possiamo andare: osserva il Cristo morto, nell'abbandono delle carni, dal punto di vista della Madonna, indugia sulle mani congiunte, si adagia sullo sguardo pensoso di San Giovanni, taglia il profilo splendido di Maria Maddalena. La scelta che Samaritani fa è una raffinata selezione di grigi, dal nitore della luce al nero delle cavità delle superfici. Elisabetta Pozzetti (La Voce di Ferrara, aprile 2002)
|
|
|
|
|
Del Compianto, Samaritani ci dà una lettura suggestiva, con strettissimi primi piani e giochi di ombre che rivelano fin nei dettagli la potenza drammatica dell'opera. Luca Orsi (Il Resto del Carlino, 9 giugno 2001)
|
|
|
|
|
Una lettura leggera e ironica delle opere d'arte viste attraverso la camera di Andrea Samaritani. Roberto Caramelli (I Viaggi di Repubblica, 7 settembre 2000)
|
|
|
|
|
Protagonista degli scatti in bianco e nero di Samaritani è spesso l'arte, o meglio l'atteggiamento delle persone di fronte alle opere d'arte, con emozioni e pose spesso singolari, a volte paradossali. Piccole storie di emozioni generate da opere sia moderne sia antiche, colorate semplicemente dalla forza del contesto e dell'espressione. Fabio Alcini (Soprattutto, 30 settembre 2000)
|
|
|
|
|
Nel tempo libero ammira il suo gilet porta tutto, concima la sua barba, cerca le macchine fotografiche che ha fatto affondare nelle valli di Comacchio e gioca al piccolo fotografo con le sue bimbe Maria Chiara ed Eleonora! Da quando lavora con Federico (insieme hanno realizzato più di 50 servizi per il settimanale Topolino) ha capito che la pazienza è un po come una bella foto: va sviluppata. Federico Taddia (dal calendario sui Giochi di una volta. 1999)
|
|
|
|
|
Il fotografo che si prefigge di documentare, soprattutto fenomeni antropologico-sociali, deve essere infatti smaliziato: il suo bagaglio culturale e la sua capacità di vedere dovrebbero lavorare con la scientificità di un entomologo. Per Samaritani questa necessità non si trasforma mai in una chiave di lettura dura, o grottesca, o sarcastica: nelle sue fotografie prevale la leggerezza, il rispetto per l'uomo, la simpatia e la pietà per la nostra condizione. Non sono dunque, le sue, fotografie spettacolari; Samaritani pare suggerire la forza della quotidianità, come un minimalista di oggi o un naturalista letterario del secolo scorso. (...) Una personalità eclettica Samaritani, instancabile e problematico autore sempre pronto a trasformare in analitiche risposte fotografiche i luoghi e gli eventi, piccoli e grandi, pubblici e privati, di questi anni. Pio Tarantini (FotoPro-Professionisti dell'immagine, ed. Reflex, marzo 1993)
|
|
|
|
|
Le fotografie nelle quali Samaritani affonda (sotto la guida dell'organo della vista-visione, di quell'occhio-pensiero che gli conosciamo), nell'inquietudine che dilaga sotto all'emergente allegria del carnevale. Monica Farnetti (La Nuova Ferrara, 28 febbraio 1990)
|
|
|
|
|
E' il carnevale di Cento fotografato: autore Andrea Samaritani. Il libro reca una interessante introduzione di Giovanni Guerzoni, dove tra l'altro è spiegato quanto appresso: "...credo che i coriandoli di cui parla il titolo di questo libro siano proprio le fotografie, una manciata di pezzetti di carta variopinta disseminati sulle pagine bianche..." e pur tuttavia - come in seguito precisa lo stesso prefatore - il volume è ben altro in quanto trattasi di una serie di fotografie eccezionali sulle varie edizioni del Carnevale centese. Sfogliando le pagine e quindi le illustrazioni fotografiche del volume, di grande formato, ci si trova dinanzi a un mondo variegato, fra maschere, carri e gente, donde si ricava non solo il fenomeno turistico-festivo del carnevale medesimo ma soprattutto un momento di vita e la conoscenza della realtà della vita stessa, attraverso il fatto allegorico che, fra l'altro, inquadra la storia di "una città con una grande storia". Antonio Caggiano (dal libro "Come iconografare un argomento", Maurizio Tosi editore, 1992.)
|
|
|
|
|
(...) nessuna allusione a temi particolarmente trasgressivi o violenti compare nelle fotografie di Andrea Samaritani. (...) Il fotografo dà spazio persino alla tenerezza quando non, e avevo molto riserbo nell'impiegare questo termine, alla poesia. La capacità di stare sempre dentro alle cose fotografate è probabilmente l'intimo legame che unisce tutte le immagini di questo libro, immagini che si potrebbero definire, con un importante riferimento, à la savette, ma che alla sottile ironia di Cartier-Bresson sostituiscono la simpatia. Giovanni Guerzoni (dal libro Una manciata di coriandoli, InterBooks 1990)
|
|
|
|
|
Il reportage di Andrea Samaritani, estremamente delicato che costringe anche noi a rifletterci nello specchio di Adrien". Lanfranco Colombo (Fotopratica, marzo 1989)
|
|
|
|
|
Una sollecitante meditazione sulla fotografia, questo volume con una serie di immagini eseguite con una grande camera di legno attrezzata per la Polaroid 1000, e il reportage di Andrea Samaritani. Italo Zannier (Fotologia n° 10, 1989)
|
|
|
|
|
Andrea Samaritani ha condotto un lavoro di grande discrezione, un reportage leggero e il più possibile vicino alla situazione. Solo di tanto in tanto si è concesso qualche riferimento al linguaggio stesso della fotografia, quasi che l'impegno, nel favorire la ricerca di una identità, fisica e mentale, della persona, fosse anche quello di trovare una identità culturale alla fotografia. Abbiamo dunque la rappresentazione di volti e corpi di persone cosiddette "diverse". E' chiaro che la fotografia, immagine fissa e, si diceva, in qualche modo "innocente", può essere, in questi casi, davvero spietata. Ma il lavoro di Samaritani non punta su dolorosi ritratti nè è volto al tono della denuncia, che in anni passati ha caratterizzato molta della nostra produzione fotografica. E' invece tutto basato sul racconto, costruito per frammenti ricchi di gesti, presenze, rapporti fra persone. Roberta Valtorta (dal libro Adrien allo specchio, 1987)
|
|
|
|
|
Presente e come indispensabile la figura compare invece nella ricerca di Andrea Samaritani, e ancora il portico viene ritratto e addirittura giocato con la medesima sagoma di una tomba la cui lapide è da quello incorniciata. Angelo Andreotti (dal libro Fra Presenza e Assenza, InterBooks 1986)
|
|
|
|
|
Le immagini di questo libro di Samaritani, dentro e attraverso il movimento pacifista italiano di questi anni, sono appunto un itinerario di luoghi, momenti, modi di essere e di manifestare il rifiuto per la guerra nucleare e la sua assurda logica di paura. "Percorsi di Pace" è però soprattutto una metafora, una chiave di lettura di questa mobilitazione di massa, dei suoi simboli, delle sue ritualità, del filo di speranza e di progetto che le sorregge. Samaritani, parla in fondo di se stesso e di molti di noi. Alberto Poggi (Rocca, recensione del libro Percorsi di Pace, marzo 1988)
|
|
|
|
|
Le immagini di Samaritani, che pure si riferiscono a "fatti" precisi e ben determinati (le manifestazioni appunto), sono significativamente incentrate non sull'azione, su ciò che accade, ma sui simboli e sulla ritualità di questi eventi. Roberta Valtorta (dal libro Percorsi di Pace, 1985)
|
|
|
|
|
Le facce di questi giovani, nelle fotografie di Andrea Samaritani, che vogliono fare e dare, hanno sempre qualcosa di trascinante. Goffredo Fofi (dalla bozza del libro Giovani al plurale)
|
|
|
|
|
email da Maurizio Garuti (scrittore e grafico) Caro Andrea, Ho visto la tua mostra. Bella. Mi è parso che hai fatto un passo in avanti rispetto all'altra mostra di Pieve di Cento, che pure avevo apprezzato. Intanto, pochi pezzi e ben scelti è sempre un buon criterio. Ma forse è cresciuta anche la tecnica. Ho davanti agli occhi per esempio un "quadro" (uno scorcio di via Zamboni), a tinte prevalentemente verdi, dove circola un'aria particolare, che svaria fra la fotografia, la pittura e il fumetto d'autore. Scusa il pensiero piccino: mi piacerebbe per la copertina di un mio libro. Bello anche il pezzo della ragazza al telefono con la fuga di colonne sullo sfondo. E poi ho ritrovato Roversi: la sua vecchia libreria, dove sono stato tante volte, e la sua faccia schiva, un po' sorpresa dell'attenzione, come desiderosa di defilarsi. Un caro saluto, Maurizio. email inviato: domenica 1 febbraio 2009 11.08 |
|
|
|
|
email da Valentina Gaglione (scrittrice e grafica) Quando vedo qualcosa che mi interessa e colpisce profondamente, non posso starmene zitta. Stanotte giravo in rete, alla ricerca di immagini valide e stimolanti, mi sono imbattuta nel tuo sito e ho avuto modo di apprezzare le tue opere; uno stile unico, fotografia, pittura e grafica in un unico mondo colorato e pronto a far emergere le pecularietà della vita o è meglio dire delle vite. Una vasta galleria di personaggi e personalità che mi hanno praticamente avvolta emotivamente rendendomi la libertà e l'imprevedibilità del viaggio. Grazie per la creatività. Valentina. email inviato: giovedi 15 novembre 2007 02:20
|
|
|
|
|
email da Maurizio Garuti (scrittore e grafico) Caro Andrea, ho visto le mostre: quella da Maccaferri e quella nella sala della Partecipanza. Complimenti! Hai trovato una strada molto interessante fra pittura e fotografia, una strada che anch'io nel mio piccolo, da grafico, ho cercato a volte di praticare per manifesti e copertine di libri. I risultati che consegui nei lavori esposti sono spesso davvero eccellenti! Inviato: sabato 13 ottobre 2007 09:50
|
|
|
|
|
email da Anna La Stella (redattrice del mensile IN VIAGGIO) Ciao Andrea, ho finalmente visitato il tuo sito. Sono rimasta a bocca aperta di fronte ai tuoi lavori... Mi sono piaciuti moltissimo. Non sono una brava critica, ma posso dirti che ho trovato straordinaria l'aggiunta del colore e l'intervento manuale sulle foto. Su alcune più che su altre, ma nel complesso un risultato forte e personale. Inviato: mercoledì 8 agosto 2007 15:25
|
|
|
|
|
|
|
|